giovedì 17 dicembre 2009

L'inquietudine

Riconosco di vivere un momento importante della mia vita. Mi sento più cosciente, più consapevole di me stessa. Conosco i miei limiti, mi espongo solo il necessario e, allo stesso tempo, non mi nascondo, non indosso maschere inutili, cerco di mostrare il più possibile chi sono veramente. Semmai uso quella che riconosco come educata diplomazia, per evitare dissapori inutili, malcontenti che possono sforare in incomprensioni, dovuti a prese di posizione troppo personali che non portano mai a nulla.

Vorrei tanto che queste riflessioni non avessero l’aria di bilancio. Una forma di fare i conti con se stessi che si ripete alla cadenza di ogni Natale. E non so per certo se è così però, mi rifugio nella lettura e, rivolgendomi ai poeti preferiti del secolo passato, usando le loro parole - che tanto mi fanno pensare e tanto s’identificano ai miei pensieri -, ho trovato finalmente qualcuno che, nonostante non esista più, nonostante sia stato un Grande della letteratura mondiale (al quale non sarei stata degna di avvicinarmi alla sua ombra), disse cose che, a distanza di tanto tempo, oggi ancora permettono che io possa comprendere me stessa: FERNANDO PESSOA – Libro dell’Inquietudine – dell’eteronimo Bernardo Soares.

- “Vivere è essere un altro. Neanche sentire è possibile se oggi ci si sente come ieri si sentiva; sentirsi oggi lo stesso di ieri non è sentire – è ricordare oggi ciò che si è sentito ieri, essere oggi il cadavere vivo di quella che ieri è stata la vita perduta.” – se pensiamo che è stato scritto negli anni trenta, spaventa l’attualità. Indica semplicemente che, vivere allora, come vivere oggi, non cambia. I sentimenti sono sempre gli stessi.

e

- “Nella gioventù siamo due: esiste in noi la coesistenza della nostra propria intelligenza, che può essere grande, e della stupidità della nostra inesperienza, che forma una seconda intelligenza inferiore. Soltanto quando arriviamo all’altra età avviene in noi l’unificazione. Da lì l’azione sempre frustrata dalla gioventù – dovuta, non solo all’inesperienza, ma alla sua non unità.” – ecco che mi ritrovo. Sono nella tappa dell’unificazione.

e

- “In me, quel che c’è di primordiale è l’abitudine e il modo di sognare. Le circostanze della mia vita, sin da bambino solo e calmo, altre forze, forse, modellandomi da lontano, per ereditarietà oscure al suo sinistro taglio, hanno fatto del mio spirito una costante corrente di vaneggi. Tutto ciò che sono è in questo, ed anche quello che in me più assomiglia, lontano dal distaccare il sognatore, appartiene senza scrupolo all’anima di chi soltanto sogna, elevata lei al suo più grande grado. Voglio, per mio proprio gusto di analizzarmi, a misura che questo mi aggiusti, andar ponendo i processi mentali che in me sono uno solo: esso, di una vita votata al sogno, di un’anima educata solo al sognare. “ - in me il sogno viene costantemente interrotto da una realtà che disprezzo e che vorrei, anzi sogno, di abbandonare.

e ancora, per finire:

- “Da qui l’abilità che ho acquisito nel seguire varie idee allo stesso tempo, osservare le cose e allo stesso tempo sognare argomenti diversi, stare a, allo stesso tempo sognando un reale ponente sul Tago reale, e una mattinata sognata su di un Pacifico interiore; e le due cose sognate s’intercalano una all’altra senza mischiarsi, senza confondersi propriamente più dello stato emotivo diverso che in ognuno provoca, e sono come qualcuno che vide passare per strada molta gente e, simultaneamente, sentisse da dentro le anime di tutti – il quale avrebbe a che fare in un’unità di sensazione - allo stesso tempo che avrebbe visto i vari corpi – questi gli avrebbe visti diversi – incrociarsi sulla via piena di movimenti di gambe.” – ciò mi capita invece quando mi dedico a più letture, come ora, passando da un autore all’altro, sempre con grande stupore e meraviglia, perché questo cammino, fatto di tante lettere, mi affascina sempre di più.

All’uomo che vive legato a quel che è stato e che non potrà mai essere. All’uomo che, giovane, non si unisce mai al vecchio e che, vecchio, sa di portare dentro di se il peso di due uomini, ma non dimostra mai di sostenere una zavorra. All’uomo che, per tutta la vita, si fa cullare dal sogno e da questo trae le idee, e da queste trae la propria vita. A tutti questi esorto a trovare il tempo di non pensare a cose troppo serie, a coltivare i propri sentimenti e far leva che il proprio spirito sopravviva al poco caso e alle cose inutili. Nutrite le vostre anime perché diventino eterne.

sabato 14 novembre 2009

L'ennesimo muro della vergogna

Lunedì 9 novembre mi sono cimentata a scrivere una poesia sulla libertà. Ciò che mi ha ispirato non è stato un sentimento di sollievo, anche se il muro di Berlino non esiste più. Mi ha ispirato parlare proprio della libertà dell'uomo, che non mi sembra conquistata del tutto, nonostante gli enumeri festeggiamenti. Non l'ho ancora finita e non so se la finirò.
A volte mi faccio convincere che l'essere umano abbia toccato il fondo, invece mi accorgo che la mente dell'uomo non ha proprio limiti ed è capace di tutto. ecco perché alcuni si credono dio, indipendentemente dalla religione che professano. Credono di avere il potere sugli altri e commettono crimini che ancora devono essere dettati come tali. Mi viene naturale poi pensare che in qualche parte del mondo può esistere un altro Hitler di turno che, senza clamori, sta tramando un'altra "purificazione della razza".
Proprio quando facevo questo ragionamento, mi capita di leggere un articolo di Stefano Salvi sul periodico Vanity Fair della settimana scorsa - pensate all'ironia: in copertina si parla di vampiri e dei film sui vampiri molto in voga in questo momento -, che mi lascia sconvolta. Pochi sanno, ma esiste un altro muro, simile a quello di Berlino, anzi molto peggio, che da circa trent'anni sottomette un popolo intero all'isolamento e a delle atrocità che non riesco proprio a definire. Trattasi di un muro costruito nella parte nord occidentale dell'Africa, in pieno deserto del Sahara. Stà lì, ma la maggior parte delle persone non sa della sua esistenza. E quelli che sanno non fanno nulla per cambiare le cose. E' lungo 2.700 km ed è vigilato da 160 mila soldati. Mentre veniva festeggiato il 9 novembre, nell'emisfero africano, con la consapevolezza dell'ONU - che da anni ha inviato sul campo una commissione concepita per questa missione, a favore della povera gente del luogo - il popolo Saharawi subisce ogni sorta di castrazione, anche materialmente parlando. Uomini adulti vengono rapiti e massacrati dopo infinite torture. Donne adulte, meglio se incinte, vengono picchiate a sangue, bastonate fino a morire, perché i loro figli non devono venire al mondo.
Stefano Salvi ha spiegato molto bene su quell'articolo, e tutto può essere meglio compreso vedendo il suo video, seguendo il suo percorso sul posto, dove lui è stato e ha ripreso, documentato, intervistato tutte le persone coinvolte in questo martirio quasi sconosciuto. Questo è un altro Muro della Vergogna. E quale altro nome potrebbe essere dato?
Sono entrata nel sito www.stefanosalvi.it ,voglio sostenere questa causa, mi sono iscritta alla petizione promossa da Salvi e aggiungo alle mie finestre un'immagine che non ha bisogno di fotografie. Serve solo a guardare il mondo con gli occhi della coscienza, che non vuole rassegnarsi alle ingiustizie che continuano a perpetuarsi in questa faccia della terra.
L'uomo, essere dominante del pianeta, dotato di una tale intelligenza che gli permette di scoprire l'acqua sul satellite lunare e di fare scoperte scientifiche per salvare il prossimo dalle malattie più gravi, paradossalmente continua a distruggere, imperturbato, tutto ciò che è vivo e lo circonda, per il semplice gusto di dire: "Io ho il potere nelle mie mani."

lunedì 2 novembre 2009

Addio Alda Merini. Grazie Alda Merini

Addio poetessa della vita. A me, donna, lasci il vuoto. Lo stesso vuoto che c'era in te per la mancata comprensione, per la colpa di essere donna e allo stesso tempo essere tutto.
A te offro un riconoscimento che viene da un uomo speciale, un poeta speciale, che mi sta molto a cuore, che ha sempre nutrito il mio animo e mi ha resa più ottimista:
Carlos Drummond de Andrade.
Lui, delle donne scrive così:

"...Poichè la donna prima e dopo la Bibbia
è enciclopedia naturale,
scienza infusa, incosciente, avversa ai test,
folgorante nel semplice manifestarsi,
arrivato il momento.
Bisogna imparare dalle donne
le finezze finissime dell'amore.
L'uomo nasce ignorante, vive ignorante,
a volte muore tre volte
ignorando il suo cuore
e il modo di usarlo.
Solo la donna (come spiegare?)
capisce certe cose
che non sono da capire.
Sono da aspirare, come le essenze,
o neanche così.
Loro aspirano il segreto del mondo."
- tratto e tradotto da "Aos enamorados brasileiros"

domenica 25 ottobre 2009

E' proibito - PABLO NERUDA

E' proibito piangere senza imparare,
alzarsi un giorno senza sapere cosa fare,
avere paura dei tuoi ricordi.

E' proibito non ridere dei problemi,
non lottare per quello che si vuole,
abbandonare tutto per paura,
non trasformare i sogni in realtà.

E' proibito non dimostrare amore,
fare che qualcuno paghi
per i tuoi dubbi e il tuo malumore.

E' proibito lasciare gli amici
non cercare di comprendere
ciò che si è vissuto insieme.
Chiamarli solo quando hai bisogno di loro.

E' proibito non essere te stesso davanti alle persone,
fingere che gli altri non sono importanti,
essere gentili solo con chi si ricorda di te,
dimenticare quelli che ti vogliono bene.

E' proibito non fare le cose per te stesso,
non credere in Dio e costruire da solo il destino,
avere paura della vita e dei suoi impegni,
non vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo.

E' proibito sentire la mancanza di qualcuno senza rallegrarsi,
dimenticare i suoi occhi, il suo sorriso,
solo perché le vostre strade non si sono incrociate,
dimenticare il passato e pagarlo con il presente.

E' proibito non tentare di comprendere le persone,
pensare che loro vite valgono meno della tua,
non sapere che ognuno ha la sua strada e la sua sorte.

E' proibito non creare la propria storia,
smettere di ringraziare Dio per la tua vita,
non avere un momento per dedicare a chi ha bisogno di te,
non comprendere che quello che la vita ti dà
te la può anche togliere.

E' proibito non cercare la felicità,
non vivere la vita con un'attitudine positiva,
non pensare che possiamo essere migliori,
non sentire che senza di te
questo mondo non sarebbe uguale.

Saper dire NO!

Sei vecchio!
Dicevo a mio padre quando mi faceva i soliti discorsi sui valori della giovinezza, sul fatto che la sprecassi vagabondando con gli amici nelle sere dei fine settimana.
Fai qualcosa di utile per te stesso! Questi anni passeranno e ti troverai a rimpiangere l'energia che non avrai più!
Aggiungeva lui.
Io invece ero stufo di sentire sempre le stesse cose. Lui continuava ad insistere nonostante gli avessi già dato dimostrazione che non avrei cambiato nulla della mia vita. Volevo continuare a godermela. In fondo essere giovani che cosa significa? Non è proprio l'età in cui ci si diverte? Non è il periodo in cui il tuo fisico si può permettere ogni cosa, mangiare schifezze, andare a dormire quando gli altri si alzano e poi... sesso, droga e rock and roll?
Sei abbattuto! Hai un colore che sembri ammalato! Mangi male, figlio mio! Non ti sai curare!
Queste frasi erano di mia madre. Non mi rimproverava. Non era necessario. Mi guardava e scuoteva la testa. A volte aveva il volto disperato e a me veniva da ridere! Credevo non solo di scandalizzarla ma di sorprenderla, perché tutt'un tratto le facevo un'enorme smorfia e lei pensava che mi stessi sentendo male. Si spaventava. E io? Me la ridevo alla grande.
In fondo mi sentivo una specie immortale. Una generazione forte a cui non sarebbe mai accaduto nulla. Le guerre erano finite da un pezzo. Il servizio militare l'avevo scampato. Sai com'è? C'è sempre qualcuno che conosce un tizio che conosce il generale o il comandante e che non ha difficoltà a riempire il foglio di congedo e darti il via libera per continuare la propria routine senza rotture di scatole.
E ho proseguito così. I miei genitori, dopo tutto, non mi hanno mai ostacolato in niente. Avevano, certo, sempre da ridire, dicevano che non mi capivano, che mi avevano educato per essere una persona diversa, che si aspettavano altre cose da me, che io avevo scelto un cammino troppo diffcile e che avevano paura del mio futuro, di quello che sarebbe stato di me, e tutte quelle solite lagne che non si stancavano di ripetermi.
Poi, un bel giorno la mia ragazza mi dice che è incinta. Si mette a piangere, dice che non vuole abortire e che ci dobbiamo sposare. Ho passato un paio di mesi sbattuto come quell'omelette che mia madre faceva di venerdì. Quando l'ho detto agli amici, chi più mi ha detto che mi avevano fregato e che non avevo scelta. Com'è possibile? Loro mi avevano sempre appoggiato in tutte le avventure. Insieme nelle scorribande pensavo che nessuno ci avrebbe mai distrutto. Avevano tutti delle idee pazzesche e infallibili. Invece con me, con quel discorso di avere un bambino e sposarmi... lì tutti si sono ritirati, dileguati. Mi hanno abbandonato. L'ultima frase che ho sentito da uno di loro: fatti sentire! Magari c'inviti alla cerimonia, se ci sarà una festa vogliamo partecipare! Festa? Io non avevo niente da festeggiare. A stento la conoscevo. Stavamo assieme da soli sei mesi. In ventiquattro ore la mia vita aveva preso un'altra strada, senza che io avessi tempo di frenare o di cambiare direzione. E alla fine mi sono proprio sposato. Tutto come da manuale.
Oggi sono andato dal barbiere. Era da tanto che non lo facevo. Mi sono accontentato sempre della forbice di mia moglie. Ha iniziato con il lavaggio e quando si è messo a tagliare mi ha detto che avrebbe fatto qualcosa per coprire quelle parti che si vanno diradando. Non mi ero mica accorto! Ha detto anche che ci sono molti capelli bianchi. Non ho potuto accettare il suggerimento di scurirli un pò, perché i soldi non mi sarebbero bastati. Nel portafoglio stamattina non trovato le due banconote che avevo messo da parte per fare il trattamento completo. Sarà stato mio figlio. Quello di mezzo. Dei tre ragazzi è l'unico che mi dà problemi. Mi hanno chiamato a scuola, pare che faccia uso di hashish o qualcosa del genere. E' arrivato ad arrotolarsi una sigaretta nel bagno delle ragazze. Quando ci siamo guardati non ho avuto il coraggio di dirgli niente. Il mio passato da trasgressore è ancora molto vivo in me. Però non ho potuto fare a meno guardarlo in quel modo che tutti i genitori fanno quando hanno da ridire sul comportamento dei propri figli. Al ché, senza induggi, mi rivolge una frase che conosco molto bene:
Sei vecchio!
E aggiunge:
Sei fuori! Non capirai mai!
A me non resta che zittire. Vorrei fare qualcosa, aprire gli occhi di mio figlio, ma non so come. Non posso rivelare che quel percorso l'ho già fatto e che non porta a niente. So benissimo cosa mi risponderebbe. Ho capito cosa sentisse mio padre. E mia madre.
In verità l'ho capito già da un pò. La vita mi ha presentato il conto molto presto. Ho compiuto quarantaquattro anni all'inizio dell'anno. Il mio primo figlio è nato con problemi al cuore. Il medico ci disse che era un problema congenito. Mia moglie non mi rinfacciò mai nulla, ma suppongo che il mio dna abbia trasmesso tutte le mie debolezze ai miei eredi. Il terzo figlio è nato con un lieve ritardo mentale. Ha problemi a leggere. Si chiama dislessia. Io e mia moglie ce l'abbiamo fatta solo perché lei ha avuto la forza, mi ha spinto a finire la facoltà, a laurearmi e avere una professione decente. Non sono diventato ricco, le nostre spese sono infinite. Con tutti questi guai. Lei ci ha badato ai ragazzi. E' stata aiutata dai genitori e da mia madre.
Mio padre è morto prima di conoscere il secondo nipote. Non aveva ancora sessant'anni. Mi ha coperto molti debiti contratti per la malattia del primo figlio. Non mi ha mai abbandonato, ma penso fosse molto stanco. Stanco delle fatiche che gli avevo provocato. Stanco del peso di vivere vicino a uno come me. Se penso che molti anni prima l'avevo chiamato vecchio... Avrò sicuramente anticipato lo stato delle cose e lui si sarà sentito come mi sento oggi.
Ma un errore gli devo addebitare. Mi è mancata l'unica cosa che mi avrebbe frenato davvero in quel vortice in cui mi ero precipitato in gioventù. E forse faccio in tempo a frenare anche quel ragazzo che mi dice spesso sei fuori. Gli devo semplicemente dire No, con molta fermezza. Essere limitati da qualcuno può essere la soluzione di molti problemi.

mercoledì 14 ottobre 2009

Buona samaritana

Da che ero una ragazzina mi sono sentita attratta dai deboli, tristi e solitari. Forse perché anch'io mi sentivo spesso così. Mi avvicinavo con piacere a persone anziane, a bambini silenziosi e distaccati, per un intimo desiderio di dare consolazione e considerazione. Ero dispiaciuta in partenza che altre persone non si fossero accorte di quello che mi accorgevo io. Poi, una volta stabilito il primo contatto, in base ad ogni situazione, mi mettevo a parlare, inizialmente di cose banali per poi addentrarmi in argomenti più personali e coinvolgenti, fino a riuscire a distoglierli dal loro stato che tanto mi aveva incuriosita. E quale gioia provavo nel concludere che era bastato dare così poco di me stessa per strappare un sorriso e un motivo per essere allegri.
Ora sono una adulta, compagna e madre. Ho cercato di passare i miei sentimenti a chi ha fatto parte della mia vita fino ad oggi. Il tempo e gli eventi mi hanno cambiata ma non nel profondo. Dentro di me esiste ancora la ragazzina che notava chi era triste e solo. Il problema è che fuori (di me) le persone non si fanno più avvicinare, compresi bambini e vecchi. Il mondo intero sembra essersi chiuso. Ma io non mollo. Sono un'idealista per eccellenza. Ho sempre speranza nell'essere umano, malgrado le frequenti delusioni.
Questa mattina parlavo con una persona, raccontavo di mia figlia, appena adolescente, dal carattere già così definito da sembrare ferma e incorrutibile. La persona si augurava che mia figlia rimanesse così, che non facesse come tanti altri, cresciuti adolescenti pieni di energie, trasformati negli anni in adulti troppo accondiscendenti e conformisti, adattabili a tutte le condizioni, principalmente quelle che non comportano grandi sacrifici né lotte.
No. Non penso che mia figlia cambierà. Mi piace avere l'idea che noi (suo padre e io) le abbiamo istillato il senso della giustizia e della libertà, in dosi tali da capire i propri limiti e i limiti dell'essere umano. Nelle stesse dosi ci abbiamo messo anche tanta speranza, perché lei non pensi che sia inutile lottare e credere nei propri sogni. E' un bagaglio che anche altri potranno usufruire in futuro. Con ciò riuscirà a realizzare qualcosa di buono, anche senza abbracciare nessuna religione ed essere definita "pagana". Del resto lo erano i samaritani ma sono tutt'oggi presi d'esempio.

venerdì 2 ottobre 2009

Ancora Quintana


L'ETA' PER ESSERE FELICE

Esiste una sola età per essere felice
solo un'epoca della vita di ogni persona
in cui è possibile sognare e fare progetti,
e avere abbastanza energia per realizzarli,
a dispetto delle difficoltà e degli ostacoli.


Una sola età per incantarsi con la vita
e vivere appassionatamente
e sfruttare con tutta l'intensità
senza paure né colpe di avere piaceri.

Fase dorata in cui possiamo
creare e rifare la vita
alla nostra immagine e sommiglianza
e vestirci con tutti i colori
e provare tutti i sapori
e consegnarci a tutti gli amori
senza preconcetti né pudori.

Tempo di entusiasmo e coraggio
in cui tutte le sfide sono un invito alla lotta
che affrontiamo con tutta la disposizione
e tentiamo qualcosa di nuovo, di nuovo e di nuovo
e quante volte ancora sarà necessario.

Quest'età così fugace nelle nostre vite
si chiama... presente!
E ha la durata dell'istante che passa.

giovedì 24 settembre 2009

Mario Quintana - la semplicità della poesia

Mi sono permessa di tradurre Mario Quintana (poeta e scrittore brasiliano, nato nel 1906 e morto nel 1994; affermava di scrivere per necessità, uomo curioso e disponibile che inseguiva le novità con una gran sete di sapere, solo per conoscere di più e continuare a scrivere) per poter trasmettere tutta la bellezza della sua semplicità, tutta la profondità dei suoi sentimenti e l'universalità dei suoi concetti che, sono certa, a distanza di moltissimi anni, continuerà a far sospirare gli appassionati della letteratura.
Queste mi hanno emozionato in modo particolare, e mi hanno fatto sorridere! A conferma che la poesia non annoia e non fa solo sospirare:

Progetto di Prefazione

Sagge acutezze...raffinamenti...
- No!
Niente di ciò troverete qui.
Un poema non è per distrarvi
come queste immagini mutanti di caleidoscopi.
Un poema non è quando ti trattiene per apprezzare un dettaglio.
Un poema non è neanche quando ti fermi alla fine,
perchè un vero poema continua sempre...
Un poema che non ti aiuti a vivere e non sappia prepararti alla morte
non ha senso: è un povero sonaglio di parole.


Ah! Gli orologi

Amici, non consultate gli orologi
quando un giorno io me n'andrò dalle vostre vite
nei suoi futili problemi così perdute
che più assomigliano a necrologi...
Perché il tempo è un'invenzione della morte
non lo conosce la vita - quella vera -
in cui basta un momento di poesia
per darci l'eternità intera.
Intera, sì, perché questa vita eterna
soltanto da se stessa è divisa:
non ci sta, in ognuna, una porzione.
E gli angeli si guardano con stupore
quando qualcuno - nel ritornare in sé dalla vita -
casomai gli indagano che ore sono.

venerdì 11 settembre 2009

Dal libro vincitore del Premio Campiello 2009 - VENUTO AL MONDO - Margareth Mazzantini

"...Perché nella vita capita di rinunciare alle persone migliori a favore di altre che non ci interessano, che non ci fanno bene, semplicemente ci capitano tra i passi, ci corrompono con le loro menzogne, ci abituano a diventare conigli?"

Da leggere perché la scrittrice è una donna intelligente che parla al mondo di cose che non dovrebbero capitare in nessun mondo.

L'immagine della famiglia

A casa mia ogni pensiero viene condiviso, discusso, elaborato, solitamente intorno alla tavola. Poi diventa un ricordo, poi passa all'idea che da me viene trasformata in scrittura. Una parte di ciascuno di noi è tradotta ai posteri nel linguaggio più dolce possibile, con il solo intento di trasmettere la gioia che abbiamo di vivere e rendere felici le persone che ci circondano

mercoledì 20 maggio 2009

Pochi amici, tanta amicizia

Per me succede così! Conosco tanta gente, ma sono pochi gli amici veri che sanno come rendere la mia vita più leggera. E provo un piacere così grande ad incontrarli che non posso fare a meno di cantare, dentro di me, una canzone che risale ai miei 18/19 anni, che diceva: amico è una cosa che si conserva dal lato sinistro del petto. C'è tanto amore in questa frase e, allo stesso tempo, tanta verità, perché l'amico vero, o il vero amico, anche se manca dalle tue giornate per un tempo che non ti và neanche di contare, quando lo rivedi è come se il tempo si fosse fermato un attimo prima, quando l'hai lasciato. Lui c'è sempre stato, l'avevi solo conservato. E tutto torna ad essere proprio come allora, con i sorrisi e quel modo di fare che non è cambiato per niente. Avverti persino l'imbarazzo di un incontro che non sapevi come sarebbe stato, come saresti stato accolto, ma caspita, come ti senti a tuo agio! E' tutto così magico che quando saluti nuovamente l'amico, rimane l'alone del suo abbraccio a circondarti per giorni e giorni, e non puoi fare altro che pensare alla bellezza di quel momento.
Allora, per gli amici, vicini e lontani. Quelli pochi, ma che per me significano tanto, vi offro, in versione tradotta in italiano, la canzone che mi suona in mente per voi, che ha senso in tutte le lingue:

CANZONE D'AMERICA - di Milton Nascimento

Amico é una cosa che si conserva
sotto sette chiavi
dentro il cuore
Così diceva una canzone
che ho sentito in America
Ma chi cantava pianse
vedendo l'amico partire
Ma chi è rimasto,
con il pensiero è volato
con il proprio canto
che l'altro ricordava.
E chi è volato,
nel pensiero è rimasto
con il ricordo
che l'altro cantava.
Amico è una cosa che si conserva
dal lato sinistro del petto
anche se il tempo e la distanza
dicono "No"
anche se si dimentica la canzone
quel che importa è ascoltare
la voce che viene dal cuore
Perchè sia quel che sarà,
venga ciò che verrà
qualche giorno, amico, io tornerò
per incontrarti.
Qualche giorno, amico,
c'incontreremo.

domenica 3 maggio 2009

Chegar ao topo da vida

Passo a vida toda escalando morros,
acreditando que uma vez chegada ao topo vou descansar
e aproveitar desse sucesso.
Mas depois de descobrir o vale que me deu repouso,
avisto sempre outro morro que sinto o impulso de escalar,
e sao sempre como os demais: cheio de insidias e obstaculos.
Vou seguindo o meu caminho de morros e vales infinitos.
Poderia simplesmente escolher um vale qualquer
e passar o resto dos meus dias com tranquilidade,
sem me preocupar de outras escaladas mas,
quando olho para tras e considero todo o caminho que percorri,
da escalada que fui capaz,
olho de novo para frente, avisto outro morro e imagino
como seria belo subir la, naquele outro topo...

La leggerezza dell'essere

La solitudine mi fa sentire padrona di me stessa.
M'invade una languida indolenza
che mi trascina per gli spazi dove cammino,
lentamente, come se il tempo si dovesse fermare.
La solitudine mi offre l'occasione
di godere della mia propria compagnia.
E' così che nascono i miei pensieri più profondi
e la mia ispirazione.
E' in questo modo che penetro nello spirito e divago,
vago per la luce delle mie riflessioni e concludo.
L'introspezione è un automedicamento.
Mi guarisce dai mali causati dalla moltidudine.
Prendo coscienza della mia unità
e che esisto.

martedì 21 aprile 2009

Penso che la follia altro non è che la sensibilità esasperata ed espressa in totale libertà

Direi proprio che è così!
Nessuno è veramente folle, ma tanti vorrebbero un momento di follia per esprimere ciò che hanno incarcerato dentro il cuore.
E se in tale cuore si mette tanto sentimento che non è concesso di uscire.
E se il tale cuore non si spacca con un attacco mortale.
E se la mente che regge quel tale cuore decidesse di liberare tutto quanto, come se si aprisse un enorme cancello di ferro, inchiodato in un corpo ribelle, ecco che fuoriescono tutti i rancori, i pudori, i rifiuti, le negazioni. Trattenuti per un tempo incomensurabile, per chi lo ha vissuto.
Il momento della liberazione così arriva, e diviene anche l'espressione massima di follia.
E si cerca un perché, un dottore della mente, qualcuno che ci spieghi cos'è accaduto.
Non serve. Non servirebbe. Se solo le persone comprendessero che trattenersi dall'esprimere i propri sentimenti fa tanto male al corpo quanto all'anima!
I poeti... ah! I poeti! Se non fossero smisurati, se non osassero, se non fossero un pò folli, chi gli avrebbe mai conosciuti ammirati e sospirato per le loro poesie?

Majakovskij – "Trattenendo me stesso"

Trattenendo
me stesso,
come a un convegno,
sino all'ultimo battito del petto,
tendo l'orecchio:
l'amore riprende a ronzare,
umano,
semplice.
Fuoco,
uragano
ed acqua
s'avanzano con un sordo brontolìo.
Chi saprebbe dominarsi?
Potete?
Provateci...

Alda Merini - da "Terra d'amore"

La verità è sempre quella,
la cattiveria degli uomini
che ti abbassa
e ti costruisce un santuario di odio
dietro la porta socchiusa.
Ma l'amore della povera gente
brilla più di una qualsiasi filosofia.
Un povero ti dà tutto
e non ti rinfaccia mai la tua vigliaccheria.

Perché dedicarsi alla lettura?

In questo periodo mi accorgo che le mie ricerche di lettura versano sullo stesso tema. Non avevo mai fatto caso. Forse perché sono un’istintiva e non ci penso più di tanto. Finisco comunque per leggere argomenti strettamente collegati alla filosofia, non come materia di studio, ma come forma di vivere. Sono certa, però, che non si tratta di soddisfare un desiderio solo intelettuale.
Ecco che mi ritrovo nuovamente ad autoanalizzarmi, a scrutare la mia stessa mente, cercando dentro di me la risposta ad ogni domanda. Penso a qualcosa che spinge a perfezionare il mio IO. Ma quale sarebbe lo stato di perfezione in un essere umano? Quali sono i parametri mentali e spirituali che conducono alla perfezione?
Senza immergermi ancora in elucubrazioni che non portano a nulla, concludo che ogni mia scelta volge solo verso l’anima. E’ lì che abitano i più profondi sentimenti ed è a questi che cerco di assecondare. E’ solo per passione e per amore che desidero tutto ciò che è bello e che fa star bene tutti i miei sensi.
Lo stesso fatto di scegliere letture di narrativa e saggistica è perché voglio arricchire la mia persona. Quando leggo non lo faccio per distrarmi dal quotidiano, ma per imparare, per confrontare i miei sentimenti con quello dello scrittore, per conoscere altri mondi, altri modi di vivere, per assaporare pensieri diversi dai miei.
E’ una palestra di silenziosa conoscenza la lettura solitaria. Mi entusiasma così tanto che non posso tenermi dentro tutto ciò che sento dopo. Devo per forza condividere con qualcuno, altrimenti il desiderio di espressione muore e la parola non prolifera come dovrebbe, non raggiunge mete inaspettate, non causa sospiri né ammirazione, non incita l’immaginazione e non cambia la rotta mentale di nessuno.
Non so da dove venga tutto questo desiderio di conoscenza. Sarà mica una malattia? Se lo è, spero che sia molto contaggiosa, e che vaghi per il mondo causando una vera e propria epidemia del sapere.

giovedì 9 aprile 2009

Un altro scrittore da conoscere

Luís Fernando Veríssimo, scrittore e giornalista brasiliano, usa l’umorismo e ironizza la vita quotidiana in maniera unica. Dalla società moderna coglie tutti gli aspetti più pittoreschi, con uno sguardo così curioso da evocare l’immaginazione del lettore, portandolo ad assistere e vivere le scene che descrive. E’ così che molti suoi racconti sono diventati opere teatrali, di cinema e di televisione. Qui sono riportate alcune delle sue frasi, pensieri dedicati all’uomo sposato, che nonostante tutte le difficoltà, rimane sempre suddito della propria donna.

Mia moglie e io camminiamo sempre mano nella mano. Se la lascio, lei scappa a fare shopping.

Lei ha un frullatore, un tostapane e una macchina per fare il pane, tutti elettrici.
Così, lei ha detto: “Abbiamo molti elettrodomestici, ma non abbiamo posti in più per sederci.”
Allora le ho preso una sedia. Elettrica.

Io mi sono sposato con la ‘sig,ra.. Certa’. Solo non sapevo che il il primo nome suo fosse ‘Sempre’.

Sono 18 mesi che non parlo con mia moglie. E’ che non mi piace interromperla.
Ma devo ammettere, la nostra ultima lite è stata colpa mia.
Lei mi domandò: ‘Cosa c’è alla TV?’ Ed io le ho risposto ‘Polvere’.

In principio Dio creò il mondo e si riposò.
Poi, creò l’uomo e si riposò.
Poi creò la donna. Da allora, né Dio né l’uomo né il Mondo intero ebbero più riposo.

Quando il nostro tagliaerbe si ruppe, mia moglie fece di tutto per farmi capire che dovevo aggiustarlo. Io però finivo sempre per avere qualcos’altro da fare prima, la macchina, la pesca, sempre qualcosa che per me era più importante.
Finalmente lei pensò ad un modo per convincermi.
Un giorno, arrivando a casa, la trovai seduta sull’erba alta, impegnata a tagliarla con una forbicetta da cucito. La guardai in silenzio per un po’ di tempo, mi commossi abbastanza, poi entrai a casa.
In alcuni minuti tornai fuori con uno spazzolino da denti e le ho dato dicendo:
- ‘Quando finisci di tagliare l’erba, puoi anche scopare il marciapiede.'
Dopodiché non mi ricordo nulla. I medici dicono che tornerò a camminare, ma zoppicherò per tutta la vita.’

Il matrimonio è una relazione tra due persone nella quale una è sempre nel giusto e l’altra è il marito’.

venerdì 27 marzo 2009

Carlos Drummond de Andrade - il poeta eterno

Spero di essere stata una degna traduttrice di questo grande poeta contemporaneo brasiliano. Lui ha scritto ai brasiliani, ma in verità, si rivolgeva a tutto il mondo. I suoi versi sono liberi, da ogni metrica, da ogni convenzione, liberi dal tempo. Si ispirava a Dante tanto quanto si ispirava alla gente comune. Oggi ancora emoziona e fa sorridere. Ancora incanta e si eternizza nei versi che seguono.


AGLI INNAMORATI BRASILIANI

Dammi, Signore, assistenza tecnica
per parlare agli innamorati del Brasile.
Può essere che l’innamorato ascolti qualcuno?
Serve parlare agli innamorati?
E sarà che ho tante cose da dire

che loro non sanno, loro che trasformano
la sapienza universale in divina dimenticanza?
Serve. Signore, sapere qualcosa,
quando si perdono gli occhi
verso il paesaggio,
perdono le orecchie
verso tutta la melodia
e soltanto vedono, solo ascoltano
melodie e paesaggi da loro stessi fabbricati?

Cecchi, sordi, muti – felici! –
[sono gli innamorati
in quanto innamorati. Prima, dopo
sono persone come noi, pedoni del quotidiano.
Ma chi è stato innamorato sa che un’altra volta
tornerà alla sublime invalidità
che è segno di perfezione interiore.

Innamorato vuol dire fuori dal tempo,
fuori dagli obblighi del CF,
SSN, IRPEF, INPS.
I codici, disarmati, retrocedono
dalla sua porta, le multe si vergognano
di punirlo, le guerre, i trattati
internazionali si ritirano
davanti a lui, intorno a lui. Il tempo,
affilando senza pausa la sua falce,
spera che l’innamorato si disamori
per sempre.
Ma nascono innamorati tutti i giorni
nuovi, rinnovati, innovatori,
e nessuno vince o perde questa battaglia.

Perché innamorarsi è destino degli umani,
destino che regola
il nostro dolore, la nostra donazione, il nostro inferno godurioso.
E chi vive, attenzione:
deve compiere l’obbligo di innamorarsi,
con la pena di vivere solo in apparenza.
Di essere il proprio cadavere itinerante.
Di non essere. Di stare, o neanche stare.
Il problema, Signore, è come imparare, come esercitare
l’arte di innamorare, che nessun sistema audiovisivo insegna,
e va oltre tutte le università.
Chi ha imparato non insegna. Chi insegna non sa.
E l’innamorato impara soltanto, senza sentire cosa ha imparato,
per opera e grazia della sua innamorata.

Poiché la donna prima e dopo la Bibbia
è l’enciclopedia naturale,
scienza infusa, incosciente, avversa ai test,
folgorante nel semplice manifestarsi,
[arrivato il momento.
Bisogna imparare dalle donne
le finezze finissime dell’amore.
L’uomo nasce ignorante, vive ignorante, a volte
[muore
tre volte ignorando il suo cuore
e il modo di usarlo.
Solo la donna (come spiegare?)
capisce certe cose
che non sono da capire. Sono da aspirare
come le essenze, o neanche così. Loro aspirano
il segreto del mondo.
Ci sono uomini che si stancano presto dell’amore,
altri che sono infedeli all’innamorata.
Povero chi non ha imparato bene,
chi non sarà mai maturo per imparare,
triste chi non meritava, non merita innamorarsi.

Poiché innamorare non è solo unire due attratti
nel vecchio o nel moderno stile,
con brividi, gemiti, silenzi,
camminate, cene, registrazioni,
fine settimana, la macchina a mille o a 80,
barca, piscina, giorno di San Valentino,
foto a colori, film pazzesco,
rapido motel dove gli specchi
non guardano baci e anime di nessuno.

Innamorare è il senso assoluto
che si nasconde nei gesti molto semplici,
non intenzionale, mai previsto,
e dà al gesto il colore dell’alba,
per rimanere, perdurando,
suono di cristallo nella conchiglia
o nell’infinito.
Innamorare è oltre il bacio e la sintassi,
non dipende dallo stato o dalla condizione.
Essere duplicato, essere complesso,
che in se stesso si punta e si raddoppia,
l’innamorato, l’innamorata
non sono quelle stesse creature
con le quali incrociamo per strada.
Sono altre, sono stelle remotissime,
fuori da qualsiasi sistema o situazione.

La limitazione terrestre, che li perseguita,
tenta addebitare (invidia)
il terribile imposto del biglietto:
“Presto! Corri! Finirà! Scomparirà!
Andrà a corrompersi tutto in un fiore spappolato
sotto la suola delle scarpe..”
Oppure:
“Rinuncia! Scappa! Dimentica! Dimentica!”
E i deboli dimenticano. I timidi rinunciano.
Scappano i codardi.
Che importa? Ad ogni ora nascono
altri innamorati per la novità
dell’antica esperienza.
E inaugurano ogni mattino
(innamoramore)
Il vecchio, vecchio mondo rinnovato.

lunedì 16 marzo 2009

Come nasce la creatività?

Ho scoperto da soli quattro anni un autore brasiliano, per mia fortuna ancora in vita, che semplicemente mi delizia con il suo modo di filosofare sulla vita. Si chiama Rubem Alves. Una persona piena di risorse, che non finisce mai di mettersi in discussione. Non si sa dove comincia l’uomo e dove finisce il poeta. Teologo, filosofo, pedagogo, ha la capacità di rendere qualunque discorso molto chiaro e ovvio, cosa che apprezzo immensamente.
Per chi, come me, cerca di scrivere, di trasmettere le proprie emozioni attraverso le parole, trovare una persona così preparata sui sentimenti più profondi dell’uomo, qualcuno che trasformi semplici pensieri in pura poesia, è estremamente appagante.
Vi trascrivo in seguito alcune sue riflessioni. Faccio mie le sue parole, perché erano in me già da tanto, ma la poca esperienza non mi ha permesso di capire, con la stessa semplicità. Perché lui è così. Così naturale che viene da pensare come mai non si è arrivati prima, alle stesse conclusioni.
Allora, deliziatevi anche voi con questi vari stralci dal libro “La musica della natura”, appunto, di Rubem Alves.
“Cosa avrebbe portato Dio a creare? Quando siamo felici non pensiamo a creare. Non c’è bisogno. Godere la felicità è abbastanza. L’impulso creativo ci viene quando sentiamo che manca qualcosa, che la vita potrebbe essere migliore. Creiamo per curare la nostra infelicità.
Il poeta tedesco Heine ha scritto un poema, “La canzone del Creatore”, nella quale lui dice che Dio ha creato perché era ammalato. Ha creato per rimanere in salute. Dio ha creato solo perché il suo mondo degli spiriti, angeli e realtà spirituali non gli bastava. Lui aveva fame di forme, colori, profumi, suoni, gusti. La creazione è il banchetto che Dio ha preparato per la sua fame. Dio ha fame di materia. Dio ha fame di bellezza. La creazione è un poema che descrive la culinaria divina. Ciò che Lui ha creato è ciò che gli dà piacere. Nessuno potrebbe pensare che Dio può creare qualcosa peggio di quanto già esistesse. Se ha creato qualcosa di nuovo è perché questo nuovo era megliore: il nostro mondo è meglio di quanto c’era già sin dall’eternità.(…)
Il movimento dello spirito sta nella direzione della materia. Come spirito puro, Lui è infelice, incompleto. Come una canzone che non viene mai cantata. Quando lo spirito dà forma alla materia, allora abbiamo la bellezza. E, con la bellezza, l’allegria. (…)
Essere spirituale è godere del vento fresco del pomeriggio, godere del profumo del giacinto, sentire il gusto dei frutti, deliziarsi delle forme e dei colori dei fiori, amare le montagne distanti, lasciarsi andare nel freddo delle acque di una cascata, sentire il brivido delle carezze sulla pelle.(…)
Spirituale è il giardiniere che pianta il giardino, il pittore che dipinge un quadro, il cuoco che fa da mangiare, l’architetto che fa una casa, la coppia che genera un figlio, il poeta che scrive un poema, il carpentiere che fa una sedia. La creatività desidera diventare sensibile. E quando ciò accade, ecco la bellezza!"

martedì 10 marzo 2009

Il frutto del cuore

Sembra un errore della natura, ma è vero.
Il suo colore solitamente è l'arancione ma le varietà sono tante, spaziando dal giallo al rosso, senza cambiare la bellezza ed il gusto. E' delizioso! Nasce in un luogo caldo e umido abbastanza da trasformarlo in un otre morbido, che
porta dentro di sè un succo profumato e dolce. Sazia la sete, ma non sazia la voglia di continuare e berlo. Eppure il vero frutto è la noce che spunta a forma di virgola nella parte inferiore. Il malo è liscio e intaccabile. Per romperlo le mani si fanno a sangue, quindi meglio staccarlo e tostarlo. Dentro si trova un anacardo, una castagna tenera, dal sapore gentile, che a sentire la scienza, contiene mille proteine e vitamine che danno il buonumore e non fanno invecchiare. Si dice anche che faccia bene al cuore, e come non credere? Una volta che lo assaggi ti perdi di tanta passione.
Si chiama cajù. Si legge come se la J fosse una G, scivolata. Fa sognare, solo a vederlo e a ricordarlo. Fossi in voi andrei a cercarlo. E' proprio vicino. Solo dieci mila chilometri. Meglio prendere un aereo, però ... che gusto!

lunedì 2 marzo 2009

Vale la pena ascoltare oltre che vedere

La musica brasiliana per tradizione non è solo il SAMBA, ma assolutamente la BOSSA NOVA. Sono cinquant'anni che esiste. Un pò più giovane del rock, ma altrettanto rivoluzionaria. Ha cambiato il senso delle cose in un paese che cerca sempre cambiamenti per migliorarsi. Aihmè non sempre si riesce!
Degli artefici principali di questo genere musicale, tre sono i miei preferiti, grandi poeti, autori di vere poesie cantate, Vinicius de Moraes, Toquinho e Antonio Carlos Jobim.
Un anno fa ho avuto il piacere di assistere al concerto di Toquinho. Veramente una chitarra magica, che fa sognare e battere il ritmo persino a quelli che di ritmo non sanno proprio niente.
Ho aggiunto quella stupenda serata ai miei trofei perché ho potuto stringere la mano di Toquinho e accorgermi che i veri artisti sono molto vicini all'umanità.
Trovare ora, sul WEB (cliccate sul titolo), un assaggio di bossa nova fa solo piacere.

martedì 24 febbraio 2009

Dopo la follia

Oggi è l'ultimo giorno di carnevale. Da tanto non so più cosa significhi festeggiare questi giorni. Per me non ha nessun senso. Eppure, vengo da un paese che non misura regole per esortare questa festa. Il ritmo incalza sino a notte fonda e la folla si trova ancora ballando alle sei del mattino. Il mercoledì delle ceneri arriva nel totale silenzio della gente che dormirà fino a pomeriggio, o forse il giorno seguente.

Ieri guardavo il sito di una grande testata giornalistica brasiliana. Mi sono inorridita. Nulla è cambiato da che ero una bambina. L'importante per i politici continua ad essere la distrazione del popolo. Che si diverta pure! Che il mondo si fermi per far passare solo la gioia e l'allegria! Che la gente si ubriachi e viva questi giorni di follia, dimenticando l'estrema povertà, dimenticando la legalità e tutto quanto può render più degno un paese.

Dopo domani la vita continuerà allo stesso ritmo. Ci vorrà un anno intero per parlare ancora del carnevale brasiliano. Di miseria e di fame si parlerà, come un dramma che affligge quelli che la passano, e non avendo abbastanza forza per gridare, passeranno... inosservati, come sempre.

lunedì 19 gennaio 2009

Questione di sensi

Ti accorgerai quando l’età non ti concederà di aguzzarli ancora.
Scoprirai che c’è un senso che serve ad ogni ora
ed un senso che ti chiede di capire il proprio tempo.
Finché non li assaporiamo tutti, non possiamo dire
di aver vissuto in pieno, fosse anche da vecchi.
Provare la delizia di ogni senso, nella completezza che, lo stesso,
è capace di offrire, e trasportare il tutto nella cassaforte della memoria,
per dopo soffermarci nei momenti in cui non ci restano che ricordi.
Quando meno ci aspettiamo siamo lì, a trafugare in fondo,
nella mente assopita dagli eventi accumulati negli anni:
sapori, odori, rumori, immagini e sensazioni.
Quei cinque sensi che hanno segnato tutti i giorni di un’esistenza.
A cominciare dall’infanzia, il più lontano ricordo
che non può portare oltre a delle sensazioni visive e tattili,
di cose che non esistono più, e che ci chiediamo come mai?
se era così bello…
Poco prima dell’adolescenza, nell’età della lingua, direi,
quella che ti ricorda un sapore di un non so ché,
che non esiste più, e ti chiedi come mai,
se era così buono…
In piena giovinezza, l’età dell’udito,
quella che ti fa conservare i rumori tanto quanto i rancori,
quando le canzoni ti fanno innamorare.
In verità è allora che tutti i sensi sono molto all’erta,
con la funzione di piacere e di piacerti,
e tu nemmeno sai che è l’età del vero godimento.
Potrai ricordare poi, quando di sensi
ne avrai già perso qualcuno, e non solo quelli,
e ti accorgerai che più di un piacere non esiste più,
e ti chiederai come mai,
se era tutto così perfetto…