lunedì 25 giugno 2007

Diario di una giornata dantesca

Il giorno è cominciato illudendo i mattinieri che sarebbe stata una giornata gradevole come temperatura, ma intorno alle nove un alito caldo proveniente dal sud, una corrente sahariana, inizia a soffiare lentamente e imperturbata, cambiando i pronostici meteo che annunciavano una breve tregua, una temperatura che non sarebbe andata oltre i 35°C.
Lasciando brevemente la fresca e piacevole stanza dell'ufficio per una fotocopia nella stanza di fronte al corridoio, l'impatto con l'aria calda mi lascia senza respiro e la sensazione di malessere è stata contenuta soltanto perchè sono entrata in un luogo provvisto di aria condizionata.
Con il passare delle ore la situazione atmosferica peggiora sempre di più e, alcuni, si lamentano di sentire odore di carne bruciata. Sembrava una battuta divertente, per sdrammatizzare un momento indescrivibile, ma alla fine della giornata, la conclusione breve è stata che gli esseri umani, esposti a tale torrida temperatura, erano in procinto di completare la propria cottura.
Cotti lentamente, come il ragù napoletano che impiega due giorni e una notte intera, per essere pronto la domenica. Gli ingredienti si disfano completamente, come le persone che oggi abbandonano le strade della città, si chiudono in casa, porte e finestre barricate, come se cercassero di impedire un'intrusione pericolosa.
I ventilatori e gli innumerevoli apparecchi condizionatori accesi al massimo, portando le centrali di distribuzione di energia elettrica al completo caos.
Sono tornata a casa in macchina e sono stata obbligata a chiudere i finestrini perché ho sentito, distintamente, il mio corpo bruciare con il calore che entrava. All'orizzonte, sulla strada, si potevano ammirare le onde di vapore che si alzavano e, per fortuna, il cammino è stato breve: è durato solo otto minuti.
Intorno alle ore sedici il vento si è sollevato più forte, rendendo possibile la veduta della sabbia del Sahara circolare tra le macchine ferme ai marciapiedi, tra le piante e gli alberi secchi e assetati, come le persone che chiedono solo aria, chiedono di poter respirare.
I telegiornali avvertono la popolazione di non abbandonare le proprie case nelle ore più calde, principalmente gli anziani ed i bambini, come le persone cardiopatiche.
L'ultima temperatura rilevata, alla stessa ora, segnalava 44°C, ma non si è saputa la temperatura percepita. Poi, l'ultimo dato importante che rivela quanto dura la sofferenza di un cittadino abitante in questa zona: il sole nasce alle ore 5.23 e cala - si fa per dire - alle ore 20.30.
Sento il vento forte che soffia là fuori come se fosse la tramontana d'inverno, sbattendo contro le tapparelle abbassate. D'inverno, però, è sufficiente accendere il riscaldamento, mettere un maglione in più. Ora non saprei più cosa togliermi di dosso.
Se resisteremo a questa tortura potremo lasciare una rivelazione ai posteri: l'inferno esiste!

lunedì 11 giugno 2007

Per te

Mentre sono qui,
a pensare ai miei versi,
mentre mi sforzo
di riunire le parole
per dirti quanto ti amo
e colpirti nel profondo…
Tu
senza aprire bocca
Arrivi come chi nulla vuole
Silenziosamente
quasi con timore
in caso mi potessi disturbare
fai suonare una canzone
d’amore
che dice le parole che vorresti
usi l’armonia della musica
e tutta la poesia che non sai.
Io l’ascolto
ascolto te
ripeti ogni rima
me le regali come se fossero tue
mi preghi di sentire
il tuo cuore
Ti osservo ti guardo
attentamente.
Finita la canzone
respiro profondamente
e ti ringrazio
Sono certa che ti sei
ancora, un’altra volta
appena dichiarato
Non serve fare i poeti
Per amare
basta avere un cuore
ed un buon orecchio
per sentirlo battere.

Padre e figlia

E’ tardi!
Devo andare a prenderla
La mia figliola
Potrebbe anche essere
Una tua frase
Di tanto tempo fa
Ti ricordo così chiaramente
Vedo te
No, è solo la tua sagoma
Ti trovavo a metà strada
L’andatura leggera
Il cappello alla Bogart
Sapevo sempre che eri tu
Nessuno camminava così
Con tanta certezza
Per questo potevo
Venirti incontro
Abbracciarti sollevata
Perché non ero più sola
E’ tardi!
Devo andare a prenderla
La mia figliola
È lei che mi riconosce
Anche nel buio
E quando c’incontriamo
È uguale
Com’era con te
Siamo felici
Ci sorridiamo
E torniamo a casa
insieme

sabato 9 giugno 2007

A tredici anni

Quando avevo quell’età iniziavo appena ad aver l’interesse per la letteratura.
Scrivevo già poesie e piccoli componimenti, in tutto segreto, perché temevo che le mie parole non piacessero e che gli occhi critici mi avrebbero censurata. In quei tempi coglievo stimoli a scuola o dalla tv. L’ambiente austero di casa mi offriva pochi spunti.
Desideravo enormemente avere accesso libero in librerie e biblioteche, e lo dimostravo dallo sconforto di non aver soldi abbastanza per fornirmi dei libri di autori che avevo sentito parlare, motivo per cui mia madre mi suggerì persino un indirizzo di scuola superiore, che mi avrebbe incamminato verso la professione di bibliotecaria. Ugh!
Era così lontano dalle mie vere aspirazioni che inorridivo al solo pensiero. Immaginavo la grande sala colma di scafali e libri e tanti schedari con tutto il suo contenuto catalogato, ed io, vestita con una gonna lunga sotto il ginocchio, una camicetta bianca a collo alto, i capelli raccolti a tupé e gli occhiali in punta di naso, con l’aria grigia di chi comprende il silenzio come benessere assoluto.
Non era proprio il caso!
Alla scuola media avevo dei professori molto in gamba, particolarissimi nel loro modo di essere, ma talmente aperti mentalmente che mi insegnarono cose che non dimenticherò mai più.
Erano persone che avevano nell’animo l’ideale di infondere la cultura nei giovani e di renderli partecipi; scorgere in loro la libertà di pensiero, alla quale erano stati privati da quando il paese viveva un momento politico molto delicato.
Due professoresse, in modo particolare, mi sono rimaste impresse nella mente: quella di Storia e quella di Inglese.
La professoressa di Storia era una piccola donna, di cinquant’anni o più, che andava vestita sempre alla moda, con molta disinvoltura, dimostrando di avere il senso innato dell’eleganza. Le sue lezioni assomigliavano a dei racconti di favole e tutti gli allievi rimanevano ad ascoltarla in silenzio, concentrati e affascinati dai fatti accaduti.
Era in gamba non solo ad esporre le sue conoscenze, ma, forse, per meglio fare il suo mestiere, usava l’esperienza di innumerevoli viaggi, una passione che l’aiutava a descrivere i luoghi storici con molta minuzia, immergendosi nel tempo. Più di chiunque altro, aveva pestato i suoli di tutto il mondo, per varie volte ed era così che, ad esempio, la storia dell’Antica Grecia diveniva un salto nella memoria, come se lei fosse stata presente, seduta là, tra i gradini del Parthenone di Atene, che aveva visitato. Con la storia dell’Egitto, mi sembra di vederla ancora, a parlare di Tutankhamon, come se fosse stato un parente.
Quando andavo sui libri a studiare per le interrogazioni, trovavo le sue parole, ripetute persino nelle virgole, con l’interpretazione esatta dei momenti storici, quasi come se trovassi il suo stesso trasporto e tutto l’amore per l’umanità che l’aveva condotta ad essere chi era.
E’ stata lei a passarmi il desiderio della conoscenza e la sete per il sapere e, comprendendo l’effetto che faceva su di noi, alunni, ci consigliava letture sia di storia che di filosofia. Nessuno dava dimostrazione di non apprezzare tutto quello.
Era vedova e ricca e insegnava per puro piacere, dimostrando un’ideale fermo, radicato su studi approfonditi.
Si era sposata molte volte e, come nei libri gialli, era un mistero il fatto che fosse sempre lei a seppellire i mariti. Di questo ne faceva un vanto o un aneddoto, non ho mai capito bene.
Spendeva tutti i suoi averi in una vita piena di comodità, senza figli al seguito, circondata dalla servitù, viaggiando, indossando capi firmati e costosi, senza trascurare mai l’aspetto fisico. Infatti, con tutta sincerità, affermava spesso di voler morire giovane, pertanto ogni qual volta notava un cedimento del proprio corpo, non indugiava a ricorrere alla chirurgia estetica.
Qualche anno più tardi, quando frequentavo già l’università, venni a sapere che proprio la sua vanità l’aveva portata alla morte. Uno shock anafilattico, in seguito all’ anestesia totale, non le avrebbe concesso il risveglio, dopo l’ennesimo intervento. Mi ricordo il commento che fu fatto allora:
- Sarà comunque morta felice, coerente con l’ideale di bellezza!
In contrapposizione a lei, l’altro grande personaggio, la professoressa di Inglese, anch’essa responsabile della mia formazione, completamente diversa da quella di storia.
Afflitta dalla paralisi infantile, trascinava il corpo con le sequele della malattia. La sua andatura claudicante arrivava a passare inosservata rispetto alla gestualità delle mani, impedita quasi completamente dai movimenti del braccio destro. Se la cavava come poteva nel compito di aprire il diario di classe per fare l’appello, così come per sfogliare e trovare la pagina del libro con l’argomento del giorno. Non si faceva aiutare da nessuno e disprezzava chi la trattava con pietà. Eravamo tutti attenti a non toccare la sua suscettibilità, ma lei non ha mai dato dimostrazione di intolleranza, nemmeno per i piccoli scherzi a cui i più spiritosi la sottoponevano.
La vista nemmeno le era stata risparmiata dalla malattia, motivo che giustificava l’utilizzo di occhiali, spessi, proprio come i miei.
Nonostante tutta quell’apparenza e condizione, entrambi precarie, era un’eccellente insegnante, assidua e presente anche nei momenti più particolari di ognuno di noi, interessandosi in maniera materna del nostro stato d’animo, invitandoci a fidarci di lei come persona di esperienza che comprendeva ogni tipo di malessere.
Oltre ad approfondire la materia con dei saggi autorevoli, ciclostilati, perché non erano alla nostra portata economica, si fermava spesso a discutere di argomenti come il cinema, il teatro, la tv, i libri.
Non mi dimentico mai la sua profonda ammirazione per Bette Davis. Seguiva la carriera della diva di Hollywood come una fan delle più appassionate, non perdeva mai un film e ci pregava di avvertirla se venissimo a sapere di qualche esibizione in tv, per la quale era disposta a trattenersi sino a tarda ora. Aveva imparato ad amare il lavoro dell’attrice quando era una ragazzina e il padre la portava al cinema. Poi le rimase la passione e, nonostante avesse già visto tutti i suoi film svariate volte, non rinunciava alle reprise – seconde, terze, quarte visioni - e le rincorreva come il cane rincorre il gatto.
Tutto il suo modo di essere era così paradossale con ciò che faceva e rappresentava che m’incuriosiva molto. In classe osservavo ogni suo gesto, ogni sua parola. Volevo capire la profondità dei suoi sentimenti che le avevano permesso, in quelle condizioni estreme di vita, con un’apparenza tutt’altro che gradevole, di conquistare il cuore di un uomo, sposarlo ed avere dei figli, i quali cresceva senza far mancare nulla, sia dal punto di vista umano che dal punto di vista economico. Una vendetta al destino crudele che l’aveva legata fisicamente ad una gestualità anomala.
Era molto giusta e leale. Non apponeva voti alti senza che questi fossero seguiti dalla parola merito. Non aveva pregiudizi di nessun genere e non accettava che ci fossero nei suoi confronti né nei confronti di chiunque altro. Diceva anche che la menomazione non toglie la furbizia e la cattiveria alle persone, perciò dovevamo fidarci solo dei risultati. Era quello che rendeva qualunque persona “normale”.
Amava molto i gialli ed una delle sue autrici preferite era Agatha Christie della quale collezionava tutti i libri.
Diversamente dalla professoressa di storia, di lei non ho più avuto notizie. Mi rimane ciò che mi ha insegnato, oltre l’inglese, che a volte il bello fa più paura del brutto e che sono proprio gli esseri umani a rendere la vita piena di ostacoli.

sabato 2 giugno 2007

Vi segnalo qualcun'altro che si interessa di poesie brasiliane

http://musibrasil.net/articolo.php?id=1251
E' una grande scoperta! La grandezza e la nobiltà della letteratura italiana hanno commosso e meravigliato tutto il mondo, e continua ad essere così. La mia curiosità e la voglia di sapere mi hanno portata all'ovvio: riconoscere la genialità degli italiani. E, se oggi mi sorprendo a guardare il mio paese di nascita - Brasile -, come un mondo ancora da scoprire, pieno di meraviglie a tutto tondo, è solo perchè ho avuto la grande possibilità di conoscere profondamente il mio paese di adozione, l'Italia. Vivendo lontana dall'emisfero sud americano ho potuto valorizzare la cultura del mondo nuovo, interpretato come luogo per sole vacanze, dove sfruttare momenti allegri e spensierati, per poi fare ritorno nel vero paese di serie A. L'orgoglio nazionale dei brasiliani si sviluppa a poco a poco, con una tale timidezza da non esaurire mai i pregi della modestia e dell'umiltà. Sentimenti di chi non è certo che valga qualcosa. Invece non è così. La lontananza ti fa apprezzare e desiderare ciò che non è alla tua portata, perciò oggi posso fare tanti nomi della letteratura brasiliana, certa che sarete, voi lettori, concordi con me: la cultura unisce tutti i popoli perchè usa le parole dell'intelligenza, e questa, grazie a Dio, quando c'è, appartiene a tutto il mondo!

lunedì 21 maggio 2007

Di che colore sei?

Se me lo chiedessero tutti i giorni, magari sempre le stesse persone, forse passerei per una che non è molto sicura dei propri gusti. Invece non è così. Se provo a ricordarmi da piccola, in verità scopro che è sempre stato così: già da allora mi piacevano tutti i colori del mondo! Avrò avuto le mie preferenze, come tutti. La fase del blu, del rosa, del verde, del giallo, del rosso... ma se dovessi scegliere uno solo, proprio uno, come si sceglie un profumo o un fiore... no, non ci riuscirei. Perché mai dovrei rinunciare agli altri colori dell'arco (baleno) quando posso avere tutti, proprio tutti i colori e dividerli tra i miei giorni, ed esprimere, proprio come loro, il proprio spirito? Non pensate anche voi che i colori possano avere uno spirito? Metti il viola, non è proprio un colore che dà vita, in teatro porta anche sfiga, eppure le sue sfumature danno un aura di tranquillità e di tenerezza, avvicinandosi al rosa, sublime e piacevole come i fiori. E potrei spaziare da un punto all'altro dello spettro piramidale percepito, per convincervi che i colori hanno un'anima e, come le persone, vanno rispettati e apprezzati per quello che sono.
A me piaciono proprio tutti, perciò non vi meravigliate se qualche volta troverete uno sfondo diverso per questo blog. E' lo spirito della poesia che cambia ogni tanto, è l'ispirazione che traggo dalla natura, meravigliosa, che mi regala tutti colori che voglio.

sabato 19 maggio 2007

Conosci Majakoviski?

Da ragazza ero affascinata dalla sua poesia e lo sono tutt’ora! Lui diceva: “l’amore è la vita, l’essenziale. L’amore è il cuore di tutto. In me l'anatomia è impazzita: il mio cuore batte in tutto il corpo. Sono io stesso un grande cuore"

lunedì 14 maggio 2007

Vivere!

”Trovo troppo divertente.
I pomodori prevengono questo,
la cipolla previene quello,
il cioccolato fa bene,
il cioccolato fa male,
un calice di vino al giorno non dà problemi,
qualunque goccio di alcool nuoce la salute,
bere molta acqua, ma non esagerare...
Davanti a tanta profusione di scoperte,
trovo più sicuro non cambiare abitudini.
So molto bene ciò che fa bene o che fa male alla mia salute.
Il piacere fa molto bene.
Dormire mi dà la carica di un motore 0 km.
Leggere un buon libro mi fa sentire nuovo di zecca.
Viaggiare mi lascia teso prima di partire,
ma dopo ringiovanisco di cinque anni.
Viaggi in aereo non mi gonfiano i piedi;
mi gonfiano il cervello, torno pieno di idee.
Litigare provoca aritmia cardiaca.
Assistere le persone in crisi di stupidità mi
fa voltare lo stomaco.
Testimoniare persone che gettano lattine di birra dal finestrino della macchina mi fa perdere la fede nell’essere umano.
I telegiornali... i medici dovrebbero proibirli – come fanno male!
Camminare fa bene,ballare fa bene.
Rimanere in silenzio quando una discussione sta prendendo fuoco,
fa molto bene;
perché eserciti l’autocontrollo e puoi ancora svegliarti l’indomani senza sentirti pentito di niente.
Svegliarti la mattina pentito di quello che hai detto o fatto ieri sera è dannoso alla salute.
E passare il resto del giorno senza il coraggio di chiedere scusa, ancora peggio.
Non chiedere perdono per le nostre mancanze procura il cancro,
non c’è pomodoro o mozzarella che tenga.
Andare al cinema, trovare un posto nella fila centrale in fondo,
non avere nessuno che ti disturbi la visione,
nessun cellulare che suona e trovare il film spettacolare, uau!
Il cinema fa più bene alla salute che il popcorn.
Una chiacchiera è meglio di una barzelletta.
Fare esercizio è meglio della chirurgia.
L’umore è meglio del rancore.
Meglio gli amici che la gente influente.
Il risparmio è meglio del debito.
Domandare è meglio che dubitare.
Sognare è meglio di niente”
(Luís Fernando Veríssimo)

giovedì 10 maggio 2007

VIVERE TRA CANARINI

Arrivi in questo paese pieno di colore e d’allegria, famoso per il calcio, per il samba… ahimè, anche per la povertà! Comincia la grande e più allegra avventura in Brasile.
E’ lì che vivono i più bei canarini!
E’ lì che si è concentrata la natura in tutto il suo splendore e il suo esotismo; la ricchezza della terra, i minerali più preziosi, l'abbondanza. Forse è per questo che si trovano gli uccelli più rari, dai colori più sgargianti….
Nascere in mezzo a tutto questo è stata una gran fortuna, non fosse altro che per dire: conosco questo posto.
La mia sensibilità e il mio grande amore per le persone e per la vita, tutto in me si è creato nel momento stesso che ho visto per la prima volta la luce di quel sole che riscalda l’aria 365 giorni l’anno.
Sono cresciuta e poi, poi ho cambiato emisfero. Un po’ per ideali di cultura e di libertà, per lo spirito d’avventura, per il desiderio di conoscere altri mondi, per scoprire il piacere di raccontare a tutti quanto è bello il mio paese. Sarà ancora mio? Sì, lo è! Mi rimane la voglia di riprenderlo nella mia vita quotidiana, di rivedere la gente semplice che Dio non manca di aiutarli a sopravivere, la voglia di assorbire quell'aria tiepida, mai fredda, che fa suonare i campanelli degli spiriti, magari anche schiavi ma sempre saggi; la voglia di assaggiare i sapori frizzanti del cibo un pò copiato, un pò adattato dai vari popoli colonizzatori; la voglia di approfittare della gentilezza, trovata in ogni angolo cristiano e maltrattato, ma posso solo raccontare. Da lontano.
Racconterò della nobiltà di chi vive da poveri, come si vive da credenti non sempre religiosi, come si vive da fiduciosi e sempre speranzosi, tanto fieri, anche della sola povertà, fatta in ogni modo di gesti molto umili, completamenti scontati, e tanto ricchi di umanità.
Guardo sul video del mio moderno pc. Questo stesso che ogni giorno, via internet, mi racconta dello stato di “salute” del mio paese, sommerso da tanti guai, che ancora si racconta in un reportage: "perché guardare la fame dell’Africa, continente tanto lontano oltre oceano, quando qui si muore in 27 milioni dallo stesso male? "
Mi fa tanto pensare, mi fa star male e, curiosamente, assisto alla scena di quell’intervista. Il giornalista avvicina il microfono ad una donna, mamma di famiglia. Chiede cosa ci sarà per pranzo in quella giornata. Da subito la donna abbozza un sorriso, ma è solo per nascondere l’esasperazione, perché dopo si volta di spalle e piange: le lacrime sono una vergogna e la fame non è solo non avere da mangiare, ma è anche morire!
La vergogna di non avere da mangiare si traduce a non essere capace di produrre abbastanza per il proprio sostentamento. Vuol dire non essere degno di vivere in questo mondo, ma quella donna si sente degna, eccome! La sua battaglia dura tutti i giorni della sua vita. I suoi figli saranno meno sfortunati di lei se lei non mollerà. E lei non abbandonerà questa lotta. I suoi figli si vendicheranno della morte, rivendicheranno la vita!
E’ così che nasce l’orgoglio del brasiliano.
Diventa calciatore per togliere dalla fame madre, padre e fratelli minori. E’ così che nascono i “fenomeni” sportivi che diventano miti mondiali. Nei loro paesi sono conosciuti anche per la carità verso altri bambini, e fanno campagne dì sensibilizzazione, e lottano per non perdere la fama, lavorando con i propri muscoli: l’unica loro vera ricchezza!
Racconterò dell’altra faccia di questa moneta. Perché vivere tra i canarini vuol dire anche studiare, concludere cicli universitari, ingegnarsi per entrare nell’hall degli intenditori in tante materie classiche, essere politici combattenti per l’uguaglianza del popolo, fare i giornalisti per denunciare le ingiustizie…. Questa schiera è nascosta dalle brutte notizie che corrono il mondo.
Ci sarebbe tanto da fare per vivere meglio tra i canarini. Comunque, sono molto ricettivi con chi arriva per ammirare i loro colori e le loro prodezze. Ingenuamente aprono le loro porte e accettano le nuove culture, le nuove abitudini, i sapori dei piatti sconosciuti, l’arte europea e la ricchezza promessa dei nordamericani. Non sanno che tutto ciò serve ad estinguere la loro anima e che presto questo paese diventerà una succursale globale, dove trovare un po’ di tutti i paesi super industrializzati.
I miei compaesani canarini sono creduloni. Mi riconosco anch’io, straniera tra gli stranieri, desiderosa di tornare. Magari, potessi insegnare loro come si vive da aquile fiere e orgogliose predatrici, senza mai, però, perdere le loro qualità di persone per bene. Si fa presto ad imparare ad usare unghie e gomiti… ma bisogna saper restare umani.
Se proprio non posso far niente per cambiare, mi tingerò il cuore di colore giallo canarino: dolce, caldo e sapientemente autentico.
Cercherò il sole e l’abbraccio dell’amico nostalgico che mi aspetta con un largo sorriso, per poi raccontarmi tra una “batida” e l’altra, che lì, purtroppo, ancora si muore di fame, si muore da brasiliani!


La dove gli spazi sono ampi e si può volare….
Dove la terra è abbondante e di tutto si può piantare……
Dove nasce una bandiera dai colori della natura
E la gente è fiera anche se non sembra averne molta cura!
Impari i ritmi del samba c la sua poesia
Ti piace il caldo di questo emisfero
Ma temi la fame, la miseria e la tirannia
Altri ricordi del continente nero.
In tutta libertà cresci voli e canti,
anche se non sei del posto e ti chiamano “straniero”
vivi senza tanti rimpianti
perché ormai sei un “canarino” vero!

mercoledì 9 maggio 2007

Corpo e anima

Il mio corpo vive
grazie alla mia anima.
Bado a lui affinché l’anima mia
possa continuare il cammino
marcato dal Divino
e scelto da me.
Ho il potere di condurre
il mio corpo dove voglio
ma il Divino ha il potere
di portare la mia anima
quando vorrà.
Senza che io sappia.
Senza che io sappia quando,
continuo il mio cammino
cercando di arricchire questi passi
tracciati dalla mia volontà
e dalla tragedia di alcuni eventi.
Il mio corpo come uno scrigno
al quale tutti i giorni riservo
un po’ del mio tempo
per lucidare qualcosa
simile alle pietre
brillanti e metalli,
tutto quanto è prezioso che conservo
nella memoria del cuore.
Ricordare rende vita
a ciò che il tempo
ha spento di brillantezza
ed eternizza altre vite
che sono passate dalla mia.
Devo portare questo corpo lontano da qui.
Devo portare la mia anima dove vuole stare.
Insieme ad altre, tesori di altri corpi
che ho imparato ad amare
nella distanza
e nella nostalgia.
Grande tesoro
che nessuno può visitare
è l'anima mia
e il mio corpo
un grande altare.

Occhi e cuore

Quello che gli occhi vedono non è essenziale al cuore.
Ciò di cui il cuore ha bisogno è inutile agli occhi.
Gli occhi guardano e il cuore vede.
I miei occhi, che non hanno visto quasi mai,
sono stati aiutati dal cuore.
Oggi il mio cuore mostra ai miei occhi
tutto ciò che vogliono vedere.
Oggi i miei occhi vedono
solo quanto il mio cuore desidera:
che io non apra più gli occhi
alle cose che gli rendono infelici.
Il mio cuore è felice
perché ho imparato a vedere
oltre a quanto i miei occhi possono vedere.
Ed i miei occhi sono altrettanto felici
perché sono l’orizzonte del mio cuore.
Occhi e cuore sono distanti
ma non i miei.