domenica 25 ottobre 2009

E' proibito - PABLO NERUDA

E' proibito piangere senza imparare,
alzarsi un giorno senza sapere cosa fare,
avere paura dei tuoi ricordi.

E' proibito non ridere dei problemi,
non lottare per quello che si vuole,
abbandonare tutto per paura,
non trasformare i sogni in realtà.

E' proibito non dimostrare amore,
fare che qualcuno paghi
per i tuoi dubbi e il tuo malumore.

E' proibito lasciare gli amici
non cercare di comprendere
ciò che si è vissuto insieme.
Chiamarli solo quando hai bisogno di loro.

E' proibito non essere te stesso davanti alle persone,
fingere che gli altri non sono importanti,
essere gentili solo con chi si ricorda di te,
dimenticare quelli che ti vogliono bene.

E' proibito non fare le cose per te stesso,
non credere in Dio e costruire da solo il destino,
avere paura della vita e dei suoi impegni,
non vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo.

E' proibito sentire la mancanza di qualcuno senza rallegrarsi,
dimenticare i suoi occhi, il suo sorriso,
solo perché le vostre strade non si sono incrociate,
dimenticare il passato e pagarlo con il presente.

E' proibito non tentare di comprendere le persone,
pensare che loro vite valgono meno della tua,
non sapere che ognuno ha la sua strada e la sua sorte.

E' proibito non creare la propria storia,
smettere di ringraziare Dio per la tua vita,
non avere un momento per dedicare a chi ha bisogno di te,
non comprendere che quello che la vita ti dà
te la può anche togliere.

E' proibito non cercare la felicità,
non vivere la vita con un'attitudine positiva,
non pensare che possiamo essere migliori,
non sentire che senza di te
questo mondo non sarebbe uguale.

Saper dire NO!

Sei vecchio!
Dicevo a mio padre quando mi faceva i soliti discorsi sui valori della giovinezza, sul fatto che la sprecassi vagabondando con gli amici nelle sere dei fine settimana.
Fai qualcosa di utile per te stesso! Questi anni passeranno e ti troverai a rimpiangere l'energia che non avrai più!
Aggiungeva lui.
Io invece ero stufo di sentire sempre le stesse cose. Lui continuava ad insistere nonostante gli avessi già dato dimostrazione che non avrei cambiato nulla della mia vita. Volevo continuare a godermela. In fondo essere giovani che cosa significa? Non è proprio l'età in cui ci si diverte? Non è il periodo in cui il tuo fisico si può permettere ogni cosa, mangiare schifezze, andare a dormire quando gli altri si alzano e poi... sesso, droga e rock and roll?
Sei abbattuto! Hai un colore che sembri ammalato! Mangi male, figlio mio! Non ti sai curare!
Queste frasi erano di mia madre. Non mi rimproverava. Non era necessario. Mi guardava e scuoteva la testa. A volte aveva il volto disperato e a me veniva da ridere! Credevo non solo di scandalizzarla ma di sorprenderla, perché tutt'un tratto le facevo un'enorme smorfia e lei pensava che mi stessi sentendo male. Si spaventava. E io? Me la ridevo alla grande.
In fondo mi sentivo una specie immortale. Una generazione forte a cui non sarebbe mai accaduto nulla. Le guerre erano finite da un pezzo. Il servizio militare l'avevo scampato. Sai com'è? C'è sempre qualcuno che conosce un tizio che conosce il generale o il comandante e che non ha difficoltà a riempire il foglio di congedo e darti il via libera per continuare la propria routine senza rotture di scatole.
E ho proseguito così. I miei genitori, dopo tutto, non mi hanno mai ostacolato in niente. Avevano, certo, sempre da ridire, dicevano che non mi capivano, che mi avevano educato per essere una persona diversa, che si aspettavano altre cose da me, che io avevo scelto un cammino troppo diffcile e che avevano paura del mio futuro, di quello che sarebbe stato di me, e tutte quelle solite lagne che non si stancavano di ripetermi.
Poi, un bel giorno la mia ragazza mi dice che è incinta. Si mette a piangere, dice che non vuole abortire e che ci dobbiamo sposare. Ho passato un paio di mesi sbattuto come quell'omelette che mia madre faceva di venerdì. Quando l'ho detto agli amici, chi più mi ha detto che mi avevano fregato e che non avevo scelta. Com'è possibile? Loro mi avevano sempre appoggiato in tutte le avventure. Insieme nelle scorribande pensavo che nessuno ci avrebbe mai distrutto. Avevano tutti delle idee pazzesche e infallibili. Invece con me, con quel discorso di avere un bambino e sposarmi... lì tutti si sono ritirati, dileguati. Mi hanno abbandonato. L'ultima frase che ho sentito da uno di loro: fatti sentire! Magari c'inviti alla cerimonia, se ci sarà una festa vogliamo partecipare! Festa? Io non avevo niente da festeggiare. A stento la conoscevo. Stavamo assieme da soli sei mesi. In ventiquattro ore la mia vita aveva preso un'altra strada, senza che io avessi tempo di frenare o di cambiare direzione. E alla fine mi sono proprio sposato. Tutto come da manuale.
Oggi sono andato dal barbiere. Era da tanto che non lo facevo. Mi sono accontentato sempre della forbice di mia moglie. Ha iniziato con il lavaggio e quando si è messo a tagliare mi ha detto che avrebbe fatto qualcosa per coprire quelle parti che si vanno diradando. Non mi ero mica accorto! Ha detto anche che ci sono molti capelli bianchi. Non ho potuto accettare il suggerimento di scurirli un pò, perché i soldi non mi sarebbero bastati. Nel portafoglio stamattina non trovato le due banconote che avevo messo da parte per fare il trattamento completo. Sarà stato mio figlio. Quello di mezzo. Dei tre ragazzi è l'unico che mi dà problemi. Mi hanno chiamato a scuola, pare che faccia uso di hashish o qualcosa del genere. E' arrivato ad arrotolarsi una sigaretta nel bagno delle ragazze. Quando ci siamo guardati non ho avuto il coraggio di dirgli niente. Il mio passato da trasgressore è ancora molto vivo in me. Però non ho potuto fare a meno guardarlo in quel modo che tutti i genitori fanno quando hanno da ridire sul comportamento dei propri figli. Al ché, senza induggi, mi rivolge una frase che conosco molto bene:
Sei vecchio!
E aggiunge:
Sei fuori! Non capirai mai!
A me non resta che zittire. Vorrei fare qualcosa, aprire gli occhi di mio figlio, ma non so come. Non posso rivelare che quel percorso l'ho già fatto e che non porta a niente. So benissimo cosa mi risponderebbe. Ho capito cosa sentisse mio padre. E mia madre.
In verità l'ho capito già da un pò. La vita mi ha presentato il conto molto presto. Ho compiuto quarantaquattro anni all'inizio dell'anno. Il mio primo figlio è nato con problemi al cuore. Il medico ci disse che era un problema congenito. Mia moglie non mi rinfacciò mai nulla, ma suppongo che il mio dna abbia trasmesso tutte le mie debolezze ai miei eredi. Il terzo figlio è nato con un lieve ritardo mentale. Ha problemi a leggere. Si chiama dislessia. Io e mia moglie ce l'abbiamo fatta solo perché lei ha avuto la forza, mi ha spinto a finire la facoltà, a laurearmi e avere una professione decente. Non sono diventato ricco, le nostre spese sono infinite. Con tutti questi guai. Lei ci ha badato ai ragazzi. E' stata aiutata dai genitori e da mia madre.
Mio padre è morto prima di conoscere il secondo nipote. Non aveva ancora sessant'anni. Mi ha coperto molti debiti contratti per la malattia del primo figlio. Non mi ha mai abbandonato, ma penso fosse molto stanco. Stanco delle fatiche che gli avevo provocato. Stanco del peso di vivere vicino a uno come me. Se penso che molti anni prima l'avevo chiamato vecchio... Avrò sicuramente anticipato lo stato delle cose e lui si sarà sentito come mi sento oggi.
Ma un errore gli devo addebitare. Mi è mancata l'unica cosa che mi avrebbe frenato davvero in quel vortice in cui mi ero precipitato in gioventù. E forse faccio in tempo a frenare anche quel ragazzo che mi dice spesso sei fuori. Gli devo semplicemente dire No, con molta fermezza. Essere limitati da qualcuno può essere la soluzione di molti problemi.

mercoledì 14 ottobre 2009

Buona samaritana

Da che ero una ragazzina mi sono sentita attratta dai deboli, tristi e solitari. Forse perché anch'io mi sentivo spesso così. Mi avvicinavo con piacere a persone anziane, a bambini silenziosi e distaccati, per un intimo desiderio di dare consolazione e considerazione. Ero dispiaciuta in partenza che altre persone non si fossero accorte di quello che mi accorgevo io. Poi, una volta stabilito il primo contatto, in base ad ogni situazione, mi mettevo a parlare, inizialmente di cose banali per poi addentrarmi in argomenti più personali e coinvolgenti, fino a riuscire a distoglierli dal loro stato che tanto mi aveva incuriosita. E quale gioia provavo nel concludere che era bastato dare così poco di me stessa per strappare un sorriso e un motivo per essere allegri.
Ora sono una adulta, compagna e madre. Ho cercato di passare i miei sentimenti a chi ha fatto parte della mia vita fino ad oggi. Il tempo e gli eventi mi hanno cambiata ma non nel profondo. Dentro di me esiste ancora la ragazzina che notava chi era triste e solo. Il problema è che fuori (di me) le persone non si fanno più avvicinare, compresi bambini e vecchi. Il mondo intero sembra essersi chiuso. Ma io non mollo. Sono un'idealista per eccellenza. Ho sempre speranza nell'essere umano, malgrado le frequenti delusioni.
Questa mattina parlavo con una persona, raccontavo di mia figlia, appena adolescente, dal carattere già così definito da sembrare ferma e incorrutibile. La persona si augurava che mia figlia rimanesse così, che non facesse come tanti altri, cresciuti adolescenti pieni di energie, trasformati negli anni in adulti troppo accondiscendenti e conformisti, adattabili a tutte le condizioni, principalmente quelle che non comportano grandi sacrifici né lotte.
No. Non penso che mia figlia cambierà. Mi piace avere l'idea che noi (suo padre e io) le abbiamo istillato il senso della giustizia e della libertà, in dosi tali da capire i propri limiti e i limiti dell'essere umano. Nelle stesse dosi ci abbiamo messo anche tanta speranza, perché lei non pensi che sia inutile lottare e credere nei propri sogni. E' un bagaglio che anche altri potranno usufruire in futuro. Con ciò riuscirà a realizzare qualcosa di buono, anche senza abbracciare nessuna religione ed essere definita "pagana". Del resto lo erano i samaritani ma sono tutt'oggi presi d'esempio.

venerdì 2 ottobre 2009

Ancora Quintana


L'ETA' PER ESSERE FELICE

Esiste una sola età per essere felice
solo un'epoca della vita di ogni persona
in cui è possibile sognare e fare progetti,
e avere abbastanza energia per realizzarli,
a dispetto delle difficoltà e degli ostacoli.


Una sola età per incantarsi con la vita
e vivere appassionatamente
e sfruttare con tutta l'intensità
senza paure né colpe di avere piaceri.

Fase dorata in cui possiamo
creare e rifare la vita
alla nostra immagine e sommiglianza
e vestirci con tutti i colori
e provare tutti i sapori
e consegnarci a tutti gli amori
senza preconcetti né pudori.

Tempo di entusiasmo e coraggio
in cui tutte le sfide sono un invito alla lotta
che affrontiamo con tutta la disposizione
e tentiamo qualcosa di nuovo, di nuovo e di nuovo
e quante volte ancora sarà necessario.

Quest'età così fugace nelle nostre vite
si chiama... presente!
E ha la durata dell'istante che passa.