Quante volte, mentre ci occupiamo del nostro lavoro quotidiano, qualunque esso sia, abbiamo osservato fuori dalla finestra e ci siamo accorti della bella giornata che c’è?
Il cielo azzurro, nemmeno una nuvola, e il sole che illumina quanto si possa vedere intorno. Hai solo voglia di mollare ciò che stai facendo e uscire per godere di quell’aria. Se capita che sia inverno, ancora meglio. Camminare e sentire il vento freddo che batte sul viso è una delle sensazioni più belle, per me. Non penso a nulla perché il pensiero è concentrato solo su quella sensazione. In quel momento è inevitabile non provare gratitudine per la vita che è stata così generosa di cose belle, perché posso notare ogni particolare della natura e non devo fare assolutamente nulla. Basta guardare. Qualsiasi altra cosa io faccia è del tutto inutile. Il mondo è già perfetto così!
Ecco che l’osservazione della natura, degli esseri viventi, potrebbe essere identificata da qualcuno come un momento di puro ozio. Solo chi non ha nulla da fare può permettersi di fermarsi e restare a guardare il mondo che lo circonda. E noi, che siamo abitanti permanenti del pianeta terra, che viviamo nel secolo XXI, che ci battiamo per l’ecologia, che contrastiamo l’individuo che getta la carta per strada o che rovina un bosco con i rifiuti di un picnic, che compriamo elettrodomestici di “classe AAA”, che stiamo attenti alle onde magnetiche e ai cibi “no OGM”, che facciamo la raccolta differenziata e risparmiamo sulle bollette del telefono. Noi che abbiamo le agende piene di impegni – con gli altri – ma dove non constano i nostri desideri. Noi che facciamo le file agli uffici tanto quanto al panificio e perdiamo la pazienza perché andiamo sempre di fretta. Noi che non possiamo perdere tempo e non abbiamo mai del tempo per noi. In verità noi siamo abituati all’etica del “prima il dovere poi il piacere”. Non ci concediamo l’ozio perché non fa parte del programma di una persona che lavora. E' l'etica moderna dell'uomo occidentale.
La natura allora non ha etica? La troviamo esattamente nelle stesse stagioni che viviamo, e vive con noi dal germoglio alla fioritura, dai frutti sino alle foglie secche dell’autunno, completando il ciclo della vita senza darsi pensieri, senza affannarsi, semplicemente vivendo. E vive lo stesso talvolta non fiorendo né dando frutti perché anche la natura a volte si dà una pausa, forse riflette, se il terreno non è buono, se c’è stata molta o poca pioggia, forse ozia. E non sa neanche di farlo. Fa solo quanto per lei è essenziale.
Per l’uomo occidentale invece che cos’è essenziale?
Essenziale dovrebbe essere come avvertire il vuoto. Il vuoto della fame ad esempio. E’ quanto fa desiderare il mangiare. L’essenziale quindi è quello di cui non si può fare a meno, che porta ad essere ansiosi di riempire quel vuoto.
Immagino che, per l’uomo di oggi, l’essenziale sia l’agenda degli impegni, il cellulare che prenda in ogni angolo, arrivare in tempo per non prendere il traffico, essere i primi ad entrare e uscire dall’aereo, i primi in tutte le situazioni: dal prendere il caffè al bar ad essere ricevuti dal dottore di base. Così non ci sono vuoti da riempire. Possiamo dire di avere una vita piena. Vita?
Io dico quanto dice Rubem Alves, il mio scrittore preferito, che mi ricorda che il vero vuoto è quello delle braccia, che fa desiderare un abbraccio, o quello di una persona, che fa sentire la sua mancanza. E dice ancora a proposito di ozio: “Solo chi ha fatto pace con la propria vita e non si è dimenticato dei propri desideri si può concedere le delizie della contemplazione”. E così non sentirsi in colpa, aggiungo.
E concludo con una citazione di Cecília Meireles, poetessa brasiliana degli anni venti, che comprendeva molto bene i rapporti tra l’effimero e l’eterno. Ho cercato di tradurre e dare un senso. Bisogna leggere piano e con molta calma:
“NELLE ALI DI UNA FARFALLA
Nel mistero dell’infinito
si equilibra il pianeta.
E, nel pianeta, un giardino,
e, nel giardino, un’aiuola;
nell’aiuola una violetta,
e, su di essa, un giorno intero.
Tra il pianeta e l’infinito,
l’ala di una farfalla”.
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