Sono una che legge Vanity Fair, quando capita. Senza essere assidua, guardo cosa offre la copertina e poi porto a casa. Mi piace e m’ispira. E leggendo ho scoperto che oggi è la giornata internazionale degli Uomini. Curioso, no? Victoria Cabello, attrice e presentatrice, è stata invitata a scrivere sul periodico e si è molto stupita, come lo sono io, che il 19 novembre sia la data destinata a questa festa.
Ecco perché mi trovo anch’io a scrivere, riguardo questo argomento che non mi sarei aspettata, ma che avevo in mente già da qualche giorno. Da che se n’è andato un altro vero Uomo, che mi manca tanto.
Noi donne abbiamo un bagaglio culturale riguardo il sesso maschile che è pieno di etichette, in base al nostro vissuto, in base a quanto abbiamo saputo e imparato. Ogni esperienza vale per attribuire un voto agli uomini, da quando sono bambini fino a che diventano vecchi decrepiti, e lo facciamo con molto pudore. Tale bagaglio alla fine ci rappresenta in tutto e per tutto. Segna le nostre vite e, quello che siamo diventate è frutto di quanto abbiamo imparato degli, con e sugli uomini.
Le donne sono etichettate molto di più. Veniamo da una vecchia guerra che percorre tutti i tempi e avanza ancora, inesorabile, segnandoci, tante volte in male, ma anche in bene.
Io ho avuto un padre duro, molto rigido e attaccato alle sue radici. Lo ricordo che non accettava le lacrime, ma non disdegnava le botte. Vivevamo in una società ultra maschilista, dove la donna era considerata una proprietà. Ho sofferto molto per la sua ottusità che vedeva il male ovunque, mentre io cercavo di controbattere con argomenti che lui non era all’altezza di accettare. In fondo non riusciva a dirmi che non avevo ragione, ma certo non mi dava nessuna vinta. Pensavo che facesse così perché ero femmina. Capitava di incontrare altri padri, di cugine, di amiche, ed erano così diversi dal mio. Volevo anche per me quel ragionare convincente che non serve più gridare per farsi capire, né alzare le mani per farsi ubbidire. Da grande ho capito che il suo atteggiamento intransigente era solo dovuto al fatto che voleva contraddistinguersi da tutti gli altri uomini e servirmi da guida.
Invece ho un cugino, creato in una famiglia di padre padrone, che ha avuto cinque figli, di cui solo uno maschio, il penultimo. Bisognava educarlo in maniera diversa, altrimenti non si sarebbe accorto di essere l'unico. E quel poveretto, all’età di due anni non poteva piangere, perché si sentiva urlare dietro: - “ Non devi piangere! Sei un maschio e i maschi non piangono!” – Dio mio, quella frase mi sconvolgeva enormemente. E l’ho sentita svariatissime volte, da altre persone. Spesso parlavo di questo con mio padre e lui non era dello stesso parere. Anzi, aveva il pianto facile, si emozionava come un bambino e lo faceva con tranquillità, serenamente, certo di poter essere compreso da chi gli stava affianco in quel momento. Ecco il mio punto di partenza, il primo vero uomo che ho conosciuto era molto intelligente, forte e duro ma sapeva anche piangere, mostrare le sue emozioni sino alla fine. Da qui era scontato che io cercassi un compagno simile, come fanno tutte le figlie.
Nell’età dei grandi innamoramenti ho conosciuto tanti ragazzi, ma erano sempre quelli di grande personalità che attiravano la mia attenzione. Io mi innamoravo del loro essere forti, del loro dimostrare un grande carattere e un’apparenza sui generis. Non volevo il belloccio di turno, ma quello che sapesse parlare e che dicesse cose coerenti. Volevo uno unico, originale, diverso da tutti gli altri. Quante poesie ho scritto in quel periodo, lo sa solo chi mi è stata vicina. Scrivevo perché soffrivo dell’assenza di questo ipotetico dio uomo, che non arrivava mai. E quelli che c’erano erano sempre irraggiungibili.
Tutto il resto, intorno a me, era solo debolezza, figure tutte uguali, stampate per gli anni goderecci dell’inizio della decade di ottanta. C’erano anche i tipi selvaggi, ancora con l’idea maschilista che la donna deve rimanere a casa mentre l’uomo va a caccia. Che tristezza! C’era quello che parlava troppo, quello troppo malizioso e pieno di testosterone, quello figlio di mammà, quello ignorante… Quindi per un po’ di tempo mi sono sentita veramente sola ed esclusa dal mondo delle belle coppie. Dicevo spesso a mia madre che sarei rimasta single.
Poi il cambio di rotta definitiva. Mi capitò uno che parlava poco, molto coerente, dolcissimo e pieno di attenzioni. Roba da favola. Pensavo che non potesse essere vero che capitasse proprio a me, ma è andata così. Il contrasto assoluto con tutto quello che avevo visto e desiderato in tutti i miei anni. Non era mica un guerriero, né uno spadaccino. Definirlo non saprei e forse è meglio che non lo faccia, per non metterlo in imbarazzo. Fatto sta che lo avevo forgiato nella mia mente, tale e quale, con qualche eccezione nel carattere, ma che vuoi? L’ho preso e l’ho portato a casa così, perché era già troppo. Un uomo vero non ti può capitare due volte nella vita.
E così ho passato i miei ultimi ventisei anni. Ogni tanto mi guardo intorno, forse sono ancora incredula di percorrere questo cammino. E’ tutto in salita perché la strada degli uomini veri è molto ardua. A volte mi sento trascinata, più che coinvolta, senza nessun’altra possibilità, ma se guardo dietro vedo l’abisso, quindi non rinuncio per nulla al mondo. E cammino al suo fianco certa che vale sempre la pena.
Ho conosciuto pochi altri veri uomini, ma uno in particolare, a modo suo, mi ha fatto sentire voluta bene riuscendo ad essere, contemporaneamente, un punto di riferimento. Dopo mio padre nessun altro aveva questo potere. L’ho visto scomparire dalla sua figura di uomo molto attempato e rassicurante qual’era, consumandosi lentamente come una candela. E’ stato presente a tutti gli eventi più importanti segnando la mia vita con i suoi sguardi dolci e affettuosi. Ho sofferto prima ancora che se n’andasse perché sapevo quanto mi sarebbe mancato. E chissà per quanto tempo ancora ne risentirò. Un modo orribile per capire la parola estinto. Uomini così sono sicuramente in estinzione, letteralmente.
In un mondo come quello attuale, dove le apparenze e il potere sono valori assoluti irrinunciabili; dove sia uomini che donne lottano per stare ai vertici di vette senza senso e non riescono a capire il valore del camminare assieme; in questo mondo pieno di tesori e di risorse che svendiamo e disprezziamo, ignari delle nostre colpe di umani ingrati e speculatori, non ci resta che festeggiare. Siamo rimasti pagani e trogloditi con il dono di creare la tecnologia. E’ naturale quindi che, dopo la festa della mamma, del papà, del bambino, dei nonni, della donna (quanto la odio!!!), festeggiamo pure quella degli uomini. Meglio non immaginare in che modo il business s’interesserà dell’argomento.
Quale esclamazione di auguri dobbiamo usare in questo caso? Basterà dire “Auguri, uomini”?
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